Le due notizie sono uscite quasi in parallelo. Un giorno apro il giornale e leggo questa: le mamme che rinunciano al congedo parentale successivo a quello obbligatorio possono domandare all’Inps un voucher di 300 € mensili, per un massimo di sei mesi, destinato a pagare la retta del nido o della baby sitter. Però, mica male. Il giorno seguente apro il sito ufficiale del Comune di Roma, sezione graduatorie scuole materne, e scopro il prevedibile: non ammesso. Come per il nido, anche per la scuola dell’infanzia non ci siamo fatti mancare niente. L’anno scorso, e quello precedente, mio figlio era uno dei 9000 mila bambini che il Comune di Roma aveva lasciato a casa. Per noi non c’erano i voucher di 300 euro mensili, al massimo un rimborso da parte di Roma Capitale (per un numero limitato di aventi diritto, in base all’Isee) previa presentazione di una domanda entro i termini previsti. Peccato che la lettera per la richiesta di rimborso sia arrivata in molte case dei romani a graduatorie già chiuse.
Approfondisco meglio la novità dei voucher per gli asili contenuta nella legge 92/2012, meglio nota come riforma Fornero del lavoro. Ho un mancamento: è la stessa ministra che ha regalato ai padri italiani un giorno di congedo parentale obbligatorio alla nascita del figlio, contro gli 11 della Francia, i 14 del Regno Unito e i 77 in Svezia. Infatti, dopo un’attenta lettura, mi rendo conto che: le risorse sono limitate, per il triennio sperimentale 2013-2015, a 20 milioni di euro, e dunque verrà stilata una graduatoria tenendo conto delle condizioni economiche delle famiglie. Vince il più povero. Il voucher non è valido per tutti gli asili, ma solo per quelli che hanno aderito al progetto. Peccato non si conosca né il numero dei posti disponibili né tanto meno se le tariffe applicate da questi nidi siano uguali o superiori ai 300 euro che verranno poi rimborsati. Considerato che a Roma la retta di un nido privato sfiora i 450 euro al mese e che il voucher è valido per sei mesi, mi domando quale famiglia con un reddito tra i più bassi, possa permettersi di pagare la differenza.
Di sperimentazioni come queste, negli ultimi anni, ne ho viste parecchie. La maggior parte hanno fatto un buco nell’acqua, rivelando tutta la loro inefficacia. Tra i fallimenti più eclatanti:
Carta Roma ex CartaBimbo da un anno all’altro è cambiato il nome, ma non l’inutilità. “Carta Roma” è una carta prepagata, che dovrebbe rappresentare un sostegno economico indiretto basato sul risparmio, grazie ad agevolazioni, sconti e vantaggi economici acquistando beni e servizi presso gli operatori convenzionati con Roma Capitale. Peccato che tra i cosiddetti operatori convenzionati ci siano: le terme, le cliniche veterinarie, le agenzie di viaggio (tutti servizi di prima necessità per le famiglie) ma soprattutto diversi centri clinici diagnostici, ovviamente privati, e supermercati di gran lunga meno convenienti di un discount, nonostante gli sconti.
Le tagesmutter, meglio note come nidi famiglia. L’iniziativa più meritevole, perché prevedeva la presenza di un’educatrice formata in grado di accogliere, in uno spazio domestico ma ben strutturato e per di più a misura di bambino, un numero di piccoli in base ai metri quadrati disponibili, ma in linea di massima non superiore a cinque. Il servizio, consolidato in tutta Europa perché messo a disposizione direttamente dai comuni di residenza, era stato finanziate dalla Regione Lazio sotto la giunta Marrazzo, ma poi stroncato da quella Polverini.
E infine, ciliegina sulla torta
Il Polo cittadino di informazione e sostegno per gli anziani, i disabili, le neomamme e le loro famiglie. Per la modica spesa di 2,2 milioni di euro pagati con soldi pubblici, il sindaco e il suo vice, l’assessore Belviso, hanno emanato un bando per l’apertura di call-center e di un portale web che dovrebbe centralizzare le informazioni verso le categorie definite ‘fragili’. Un inutile baraccone che duplicherà le funzioni già svolte a fatica dai municipi e sottrarrà risorse proprio ai servizi territoriali, in un periodo in cui i tagli ai loro bilanci sono già stati pesantissimi. Non a caso è stata avanzata una richiesta di annullamento della delibera dal Roma SocialPride.
Eccole le cosiddette sperimentazioni, vere e proprie televendite dove ad accaparrarsi le poche briciole messe a disposizione sono i primi (e più poveri) che si affrettano a partecipare. Procedere per tentativi e soluzioni tampone, invece di programmare e pianificare a lungo termine le politiche sociali, a qualcuno farà pur comodo. Ma non di certo alle famiglie.